La Circolare N. 59/2024/RIF, pubblicata dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA), introduce importanti novità per il settore dei rifiuti. A partire dal 1° gennaio 2024, sono state istituite due nuove componenti perequative, UR1 e UR2, che si applicano a tutte le utenze del servizio di gestione dei rifiuti urbani in aggiunta alla TARI o alla tariffa corrispettiva.
La componente UR1 copre i costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti, mentre la componente UR2 copre le agevolazioni riconosciute per eventi eccezionali e calamitosi. Queste componenti alimentano rispettivamente il Conto UR1 e il Conto UR2, istituiti da ARERA presso la CSEA.
Gli operatori del settore rifiuti devono compilare e trasmettere alla CSEA, entro il 31 gennaio 2025, una dichiarazione contenente i dati rilevanti per la valorizzazione e il controllo degli importi derivanti dall'applicazione delle componenti UR1 e UR2. Le Autorità di sistema portuale devono comunicare i dati relativi ai costi per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e volontariamente raccolti.
Gli importi a debito derivanti dalle dichiarazioni in scadenza al 31 gennaio dell’anno dovranno essere versati dagli Operatori alla CSEA entro il 15 marzo dello stesso anno tramite la piattaforma PagoPA, generando i relativi IUV all’interno del DataEntry Rifiuti.
Per ulteriori dettagli, puoi consultare la circolare completa qui: https://www.csea.it/settore-rifiuti/circolare-n-59-2024-rif/
La CSEA comunica che è attivo il portale "DataEntry Rifiuti" attraverso il quale, i gestori dell'attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti e le Autorità di sistema portuale, ovvero i soggetti da queste ultime individuati, potranno ottemperare agli adempimenti nei confronti della CSEA disposti dall'art. 6 dell'allegato A alla Delibera ARERA 386/2023/R/rif.
le informazioni richieste dovranno essere trasmesse tramite il “DataEntry Rifiuti”, disponibile al seguente link: https://dataentryrifiuti.csea.it/DataEntryRifiuti/login.html
FAQ DataEntry Rifiuti aggiornate: si invitano gli Operatori a prendere visione del documento FAQ DataEntry Rifiuti aggiornato, disponibile in questa pagina, nella sezione FAQ e documentazione.
https://dataentryrifiuti.csea.it/DataEntryRifiuti/resources/pdf/FAQ_DataEntryRifiuti.pdf
Oltre i dubbi espressi e chiariti da Ifel risultano altre difficolta, quali ad esempio come far pagare le componenti perequative. Che codice tributo si deve utilizzare?
Al momento non sono stati istituiti nuovi codici tributo da parte dell'Agenzia delle Entrate, quindi si potrà far pagare con il codice tributo della tassa rifiuti 3944, in attesa che venga istituito un nuovo codice.
Così come avveniva prima del 2021, prima dell'introduzione dei codici tributo relativi alla TEFA, il tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni ambientale, che veniva versato dal contribuente con il codice tributo 3944, il comune potrà incassare le componenti perequative con il codice relativo alla TASSA RIFIUTI, utilizzando il codice tributo 3944.
La CSEA comunica che è attivo il portale "DataEntry Rifiuti" attraverso il quale, i gestori dell'attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti e le Autorità di sistema portuale, ovvero i soggetti da queste ultime individuati, potranno ottemperare agli adempimenti nei confronti della CSEA disposti dall'art. 6 dell'allegato A alla Delibera ARERA 386/2023/R/rif.
le informazioni richieste dovranno essere trasmesse tramite il “DataEntry Rifiuti”, disponibile al seguente link: https://dataentryrifiuti.csea.it/DataEntryRifiuti/login.html
Come noto, dal 1° gennaio 2024, i Comuni – in qualità di gestori delle tariffe e rapporti con gli utenti – dovranno aggiungere nelle richieste di pagamento della TARI o della tariffa corrispettiva due componenti perequative applicabili a ciascuna utenza del servizio di gestione dei rifiuti urbani, come maggiorazione al corrispettivo dovuto per la copertura dei costi, così come previsto dalla delibera Arera n.386/2023.
Le componenti in questione dovranno consentire la copertura dei costi di gestione emergenti per effetto di due distinti fenomeni:
a) i rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti in mare, oggetto della componente perequativa 𝑈𝑅1𝑎, pari a 0,10 euro/utenza;
b) la copertura delle agevolazioni riconosciute per eventi eccezionali e calamitosi, oggetto della componente perequativa 𝑈𝑅2𝑎, pari a 1,5 euro/utenza.
Le componenti perequative citate non rientrano nel computo dei costi di riferimento per il servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani, ma vengono aggiunte nell’avviso di pagamento del servizio rifiuti, dandone separata evidenza.
La delibera 386 fa seguito al documento di consultazione n. 611/2022, al quale Anci/Ifel avevano partecipato con il documento del 22 novembre 2022, esprimendo osservazioni e formulando le relative proposte. In proposito, si deve preliminarmente osservare che i contenuti della delibera n.386 in esame non corrispondono a quanto anticipato nel citato DCO, che riportava una
componente perequativa diversa (“gerarchia dei rifiuti”) da quella ora prevista e
destinata agli eventi eccezionali e calamitosi1.
In generale, si ribadisce la preoccupazione già espressa con il citato documento di risposta al DCO 611, ovvero che al crescere delle entità e degli importi delle componenti perequative crescerà anche il peso delle stesse sulla TARI/Tariffa corrispettiva, per comportamenti e conseguenti oneri che non dipendono dalle attitudini dei contribuenti/utenti gravati del prelievo e di imprevedibile e aleatoria quantificazione nel corso degli anni.
Inoltre, si esprimono perplessità sulla legittimità della componente destinata alla creazione del fondo per far fronte ad eventi eccezionali o calamitosi (𝑈𝑅2,𝑎), che non sembra trovare una copertura legislativa specifica2, diversamente dalla componente per i rifiuti accidentalmente pescati, che trova la sua legittimazione nella legge 60/2022.
Si osserva, in conclusione di questa premessa, che le nuove disposizioni costringono gli enti gestori del prelievo sui rifiuti (quindi in prevalenza i Comuni) a sostenere maggiori costi per la gestione del ciclo dei pagamenti e per la rendicontazione specifica delle componenti perequative, a partire dalla revisione dei software gestionali, che non trovano alcuna copertura se non – in modo evidentemente improprio – in ulteriori aumenti della componente gestionale dei costi del servizio rifiuti. Appare opportuno un intervento per evitare questi aggravi attraverso un contributo della stessa Autorità o di altra fonte, che eviti effetti indesiderabili su questo versante.
Emergono, dalla lettura della delibera n.386/2023 e dagli obblighi che ne discendono per i Comuni, alcuni aspetti riguardanti l’applicazione delle componenti perequative, che necessitano di chiarimenti immediati, anche in assenza di un pur auspicabile pronunciamento dell’Autorità, essendo in molti casi già avviato il processo di produzione dei documenti di pagamento TARI per il 2024.
I temi di maggior rilievo, che hanno già dato luogo a numerose richieste di chiarimento degli operatori sono:
1) l’applicazione delle componenti perequative sul “fatturato” o sul riscosso della TARI o della tariffa corrispettiva;
2) la definizione del concetto di “utenza”;
1 Si deve ritenere, pertanto, che l’introduzione dell’ulteriore componente relativa alla “gerarchia dei rifiuti”, riguardante in particolare l’applicazione di componenti perequative ambientali volte a premiare la migliore opzione ambientale, nell’ambito delle tariffe di accesso agli impianti, sarà in futuro oggetto di apposita deliberazione dell’Autorità, probabilmente una volta recuperata la necessaria certezza giuridica sul regime degli “impianti minimi”, a seguito delle sentenze di illegittimità (di natura essenzialmente procedurale) della relativa regolazione tariffaria.
2 Il riferimento rintracciabile è di tipo assolutamente generale e risiede nella previsione recata dall’articolo 1, comma 527, della legge 205/17, che ha assegnato all’Autorità funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti urbani e assimilati, precisando che tali funzioni sono attribuite “con i medesimi poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge 481/95”
3) la frazionabilità per mesi dell’importo delle componenti;
4) le modalità di riscossione.
Sui temi indicati c’è stata occasione di confronto informale con Arera, che permette di considerare condivise sotto il profilo tecnico quasi tutte le considerazioni esposte nel seguito, ad eccezione della prima che assume anche per questo rilievo preminente.
Si tratta del punto più controverso, in quanto ARERA ritiene che le due componenti debbano essere applicate sul “fatturato” e non sul riscosso. Sul punto IFEL ha manifestato il proprio dissenso per una molteplicità di motivi.
In primo luogo, sotto il profilo finanziario, i Comuni sarebbero obbligati ad anticipare somme, che peraltro dovrebbero trovare specifico appostamento nel bilancio comunale, dando così luogo ad una onerosa contabilità in relazione ai versamenti che pervengono nel tempo.
In secondo luogo, sotto il profilo ordinamentale, il Comune diventerebbe un “obbligato in solido”, chiamato a riversare a proprie spese le quote non pagate dagli utenti (situazione che si verifica nel caso di crediti inesigibili). In questo contesto, si ritiene che la previsione di un’obbligazione solidale sia in contrasto con il disposto normativo, ritenendo non conferenti al caso specifico le ipotizzate analogie con l’applicazione di componenti simili ad altri servizi oggetto di regolazione (gas, idrico, elettrico), in ragione delle diverse caratteristiche del servizio rifiuti che è strumentale al mantenimento dell’igiene urbana e fornisce un servizio alla collettività non riducibile alla componente rivolta a ciascuna singola utenza iscritta.
Ed infatti, l’art. 2, comma 7, della legge 60/2022 dispone, con riferimento ai rifiuti accidentalmente pescati, che “Al fine di distribuire sull'intera collettività nazionale gli oneri di cui al presente articolo, i costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati sono coperti con una specifica componente che si aggiunge alla tassa sui rifiuti di cui al comma 639 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, o alla tariffa istituita in luogo di essa ai sensi del comma 668 del medesimo articolo 1 della legge n. 147 del 2013”. Dal tenore della norma, si evince che la componente perequativa “si aggiunge” all’importo dovuto a titolo di Tari o tariffa corrispettiva, ed è quindi inequivocabilmente a carico dei soggetti passivi della Tari o degli utenti della tariffa corrispettiva. La previsione che la componente sia dovuta dai Comuni o dai gestori dei rifiuti in caso di mancato pagamento da parte del soggetto inciso per legge appare pertanto una estensione della previsione che non trova alcun fondamento giuridico nella norma istitutiva della componente in questione.
Di fatto, per tutti i crediti da prelievo sui rifiuti che non si concretizzano nell’arco della contabilità relativa all’esercizio di fatturazione, il Comune dovrebbe sopperire con risorse proprie che, nel caso di crediti formalmente o sostanzialmente non esigibili, si configurerebbe come una
Devono essere anche sottolineati alcuni elementi fattuali che determinerebbero l’istituzione di una tassa impropria a carico dei Comuni e dei gestori, gravante sulla fiscalità generale comunale (almeno nel caso di Tari, ma in modo meno diretto anche nel caso di tariffa corrispettiva). Tale onere – che risulterebbe più pesante con l’applicazione del bonus sociale, attualmente non attivo e non considerato nel confronto svolto con l’Autorità – appare particolarmente accentuato in presenza di maggiori difficoltà di riscossione, con effetti indesiderabili in termini di aggravamento delle condizioni di squilibrio finanziario e, indirettamente, di peggioramento della capacità amministrativa anche con riferimento alla gestione dei rifiuti.
Più in generale, anche alla luce degli elementi di indivisibilità dei benefici resi dal servizio rifiuti, sopra richiamati, un dispositivo perequativo costretto nel perimetro del circuito economico finanziario dello stesso servizio appare incongruo e foriero di risultati opposti all’indirizzo perequativo perseguito.
A tale fine, in fase di confronto informale, è stato anche posto il tema dell’opportunità di promuovere l’istituzione di un codice tributo specifico per le componenti perequative, da utilizzare nel modello F/24, al pari di quanto avviene per il TEFA (componente provinciale della tariffa rifiuti), in quanto tale sistema faciliterebbe il riversamento di quanto riscosso e semplificherebbe di molto la gestione contabile delle componenti perequative. Arera non sembra interessata a questo dispositivo, forse per valutazioni di opportunità connesse all’orientamento di applicare le quote perequative al fatturato, sottolineando anche l’estraneità dell’Autorità stessa alla determinazione dei meccanismi operativi della riscossione.
In definitiva, dal confronto con l’Autorità è emersa una netta divergenza di vedute su questi punti, pur nella disponibilità a sviluppare ulteriori riflessioni ed approfondimenti per pervenire a linee di condotta e soluzioni operative il più possibile condivise ed efficaci.
Nell’auspicare una convergenza all’esito di tali ulteriori riflessioni, si ritiene che le quote perequative oggetto della presente nota debbano essere riversate in base a quanto effettivamente riscosso a titolo di TARI o di tariffa corrispettiva.
Le nuove componenti perequative sono espresse in “in euro/utenza per anno”, pertanto è sorto il dubbio su come operare nel caso in cui l’utente abbia una sola utenza attiva costituita da più di una singola unità immobiliare, come nel caso ricorrente dell’abitazione con pertinenze (garage o cantine), costituite da immobili autonomamente accatastati.
Il dubbio nasce soprattutto con riferimento alla definizione di “utenza” recata dall’art. 1, dell’allegato A, della delibera Arera n. 386/2023: “utenza è
l’immobile o area soggetta a tariffazione come definita all’articolo 2, comma 1,
lettera c), del D.M. 20 aprile 2017”.
In proposito, l’art. 2, comma 1, lett. c) del DM 20 aprile 2017 detta la seguente definizione di «utenza»: “unità immobiliari, locali o aree scoperte operative, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e/o assimilati e riferibili, a qualsiasi titolo, ad una persona fisica o giuridica ovvero ad un
«utente»”.
Il successivo art. 3, comma 1, precisa che “L'identificazione delle utenze avviene mediante l'assegnazione di un codice personale ed univoco a ciascuna utenza, secondo quanto precisato all'art. 5”.
L’art. 5, comma 1, dispone che “L'identificazione dell'utenza a cui è associata la misurazione puntuale della quantità di rifiuto avviene in modalità diretta e univoca, attraverso idonei dispositivi elettronici di controllo integrati nel contenitore o nel sacco con cui il rifiuto è conferito… (…) Il riconoscimento avviene mediante il codice utenza, ovvero attraverso altre modalità di univoca identificazione che permettano di risalire al codice utenza anche attraverso ad esempio il codice fiscale dell'utente titolare dell'utenza e dei suoi familiari conviventi”. Il comma 2, precisa, inoltre, che “I sistemi di misurazione puntuale devono consentire di: a) identificare l'utenza che conferisce mediante un codice univocamente associato a tale utenza oppure attraverso l'identificazione dell'utente che effettua i conferimenti […]”.
La definizione di utenza recata dal DM 20 aprile 2017, risultante dalla lettura sistematica degli articoli 2, 3 e 5, porta dunque a ritenere che per utenza si debba intendere un “punto di conferimento”, sicché nel caso di abitazione, con annesse pertinenze, si è in presenza di una sola utenza. Pertanto, ad esempio, nel caso di un utente che abbia più utenze, come un’abitazione e relative pertinenze (indipendentemente che siano accatastate autonomamente) ed una casa a disposizione, dotata anch’essa di pertinenze, si è in presenza di due utenze, così come definite dal DM 20 aprile 2017, e quindi occorrerà applicare due componenti perequative, e non tante quanto sono le unità immobiliari autonomamente accatastate e autonomamente segnalate nella dichiarazione Tari/tariffa corrispettiva.
Per quanto riguarda le utenze non domestiche, è stato affrontato il caso del
c.d. “spezzatino”, che si verifica quando ad un’unica utenza, generalmente composta da una singola unità immobiliare, sono applicate più categorie tariffarie. Il caso tipico è quello delle attività industriali, per le quali la medesima utenza viene spacchettata per valorizzare le diverse destinazioni di parte dei locali, quali uffici, mense, magazzino, locali di lavorazione. Anche in questo caso, nonostante siano applicate diverse categorie tariffarie, l’utenza (ovvero, il punto di conferimento) è unica e quindi occorre applicare una sola componente perequativa.
Le due componenti perequative sono espresse in “in euro/utenza per anno” e pertanto devono ritenersi frazionabili, al pari della Tari o della tariffa corrispettiva. Detto in altri termini, se un utente ha attiva un’utenza per sei mesi, le due componenti perequative devono essere applicate dividendole per due. La frazionabilità consegue alla previsione di applicare la misura della compente “per anno e per utenza”.
Diversamente ragionando, infatti, se la medesima utenza (abitazione e relative pertinenze) risulti associata, ad esempio, per sei mesi ad un utente e per gli altri sei mesi ad altro utente (situazione tipica in caso di locazione), sarebbe soggetta all’applicazione di una componente perequativa doppia (una in capo all’utente A e l’altra in capo all’utente B). Da qui la necessità di frazionarla, in modo che la medesima utenza sia soggetta all’importo annuo previsto per ogni singola utenza, e per ogni singola componente perequativa.
Le due componenti perequative in commento sono istituite a decorrere dal 1° gennaio 2024 e pertanto sono applicabili alle utenze attive nel 2024. Questo implica che se il Comune nei primi mesi del 2024 invia degli avvisi – o in caso di tariffa corrispettiva, delle fatture – a conguaglio degli importi dovuti per il 2023, le due componenti perequative non devono essere applicate.
Sulla tempistica di riscossione la delibera ARERA non prevede delle scansioni prestabilite, ma sembra potersi desumere che le due componenti debbano essere richieste (o comunque computate) entro il 31 dicembre di ciascun anno a decorrere dal 2024, posto che l’art. 6, dell’allegato A alla delibera n. 386/2023 prevede che “Entro il 31 gennaio dell’anno “a+1”, il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti comunica a CSEA, ai sensi dell’articolo 47 del d.P.R. 445/2000, i dati e le informazioni rilevanti ai fini della valorizzazione e del successivo controllo degli importi derivanti dall’applicazione delle componenti perequative…”.
Pertanto, i Comuni ed i gestori potranno chiedere l’intero importo con l’avviso/fattura che è richiesto in pagamento dopo il 1° dicembre, data a partire dalla quale è possibile richiedere il dovuto con riferimento alle tariffe approvate per l’anno “a”, in applicazione di quanto previsto dall’art. 15-bis del
d.l. 34/2019. Conseguentemente, nel caso in cui l’importo della Tari o tariffa corrispettiva sia rateizzato nel corso dell’anno in due o più rate, il gestore della tariffa non è obbligato a frazionare le due componenti perequative, potendone chiedere l’integrale pagamento con l’ultima rata, purché questa sia emessa nell’anno “a”.